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La “coscienza” di Medea (II)

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Traduzione a cura di: Benedetto Marzullo


Con il medesimo titolo, ho pubblicato di recente1 un intervento, sul tormentato Eur. Med. 1078-80. Mi proponevo un duplice scopo: di riscattare il notorio «monologo» da espunzioni, totali o parziali, di chiarirne la conclusione, in realtà intrigante se non oscura. La stessa Corifea immediatamente protesta contro siffatta sfida, allegando sue provocatorie esperienze, a dispetto della asserita incapacità del fem­minile comprendonio2. Nelle sibilline, e tuttavia disperanti afferma­zioni di Medea indicavo, né secondariamente, la sofferta (quanto inattesa) consapevolezza della fluidità ed oscillazione dell’animo umano, la desultorietà fin contraddittoria, ma tuttavia incoercibile, di ogni moto interiore. Una epocale, quanto libertaria scoperta.
Avrei dovuto indicare la mia indagine come «nascita della coscienza», non per il suo bagliore inquietante, ma per la scoperta della sua alterna e deleteria struttura3. La semplice constatazione è già, miracolosamente, in Saffo …

B.M.


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