TEATRO GRECO DI SIRACUSA, MAGGIO-GIUGNO 2011
DEM201158317
Abstract
Proponiamo in questo numero di «DeM» un dossier sulle rappresentazioni andate in scena al Teatro Greco di Siracusa per il XLVII ciclo di spettacoli classici, Andromaca, Filottete, Le Nuvole, col proposito di aprire una discussione articolata sul complesso rapporto che intercorre tra teatro antico e scena contemporanea. I nodi della questione riguardano in particolare due aspetti:
1) la fisionomia di uno spettacolo considerato di per sé, seppur in relazione al testo dal quale promana;
2) la politica culturale attuata da istituzioni come l’INDA, preposte allo studio e alla valorizzazione del teatro antico greco e latino, o da organismi come i Teatri Stabili, chiamati a svolgere un ruolo strategico nel panorama dell’offerta teatrale in senso lato, e quindi anche della drammaturgia classica.
Il dibattito prende le mosse da quattro interventi sulle produzioni presentate dall’INDA nella primavera del 2011: una riflessione critica sulle modalità rappresentative e sulle strategie artistico-culturali sottese alle messe in scena; due recensioni degli spettacoli; un’analisi della drammaturgia dell’Andromaca raccontata dal dramaturg.
Gli allestimenti moderni possono insegnare molto allo studioso di teatro greco, soprattutto per quanto riguarda la dimensione visuale. L’articolo cerca di mostrare questo attraverso l’esempio delle Donne in parlamento dirette da Serena Sinigaglia, uno spettacolo che, nella sua gioiosa e metateatrale vitalità, libera lo spettatore da molti pregiudizi moderni, principalmente legati alla nozione di psicologia del personaggio. Gli studiosi rimproverano a questa commedia di Aristofane la mancanza di compattezza: Prassagora abbandona la scena poco oltre la metà della commedia, e si direbbe che il progetto comico sia come lasciato a se stesso, quasi che l’autore non lo sentisse più suo e chiamasse gli spettatori a dissociarsene. Nell’allestimento diretto da Sinigaglia, Prassagora è invece presente fino alla fine, perché l’immagine dell’eroina finisce per sovrapporsi a quella di una serie di alter ego, che ne fanno sentire la voce fino alla conclusione dello spettacolo. Ciò suggerisce la soluzione giusta per interpretare Aristofane: per altre vie, lo stesso avveniva anche nello spettacolo antico, dove non il personaggio principale ma il protagonistes, cioè il prim’attore impegnato in diversi ruoli ideologicamente affini, assicurava quella continuità che i lettori moderni faticano a percepire.
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