DEM20241354712957
Emanuele Stolfi
Abstract
L’insistenza troppo benevola di Gigi Spina m’induce a vincere qualche ritrosia e a
ripercorrere una piccola vicenda personale – pur consapevole del rischio di scadere in
un esercizio autobiografico di assai dubbio interesse, almeno per il lettore. Oltre tutto,
devo partire da lontano: “prenderla larga”, come si dice. Il teatro – quello moderno e
contemporaneo, in verità, ancor più che antico – per me è stato sempre, e in particolare
negli anni precedenti la laurea e in quelli di poco successivi, molto più di un interesse.
Speravo seriamente che quella di attore potesse essere la mia professione. Ebbi
compagni di scena e registi noti già allora, o che tali sarebbero poi divenuti, sia pure a
diversi livelli: da Mario Pachi e Orvelio Scotti1 a Francesco Guicciardini, da Stefano
Massini2 a Gherardo Bracco Filistrucchi, Roberto Caccavo, Costantino Maiani, Gaia
Nanni ed Elena Vannoni. Da loro, e da innumerevoli altri, ho sempre cercato di “rubare”
qualcosa. Senza dubbio ho imparato molto, e non solo in termini di recitazione.
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