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Con l’occhio oltre l’ostacolo: la filologia è un'”arte fantastica”?

LE DONNE AL PARLAMENTO ALLA LUCE DI UN ALLESTIMENTO MODERNO

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Andrea Capra


Abstract 

Gli allestimenti moderni possono insegnare molto allo studioso di teatro greco, soprattutto per quanto riguarda la dimensione visuale. L’articolo cerca di mostrare questo attraverso l’esempio delle Donne in parlamento dirette da Serena Sinigaglia, uno spettacolo che, nella sua gioiosa e metateatrale vitalità, libera lo spettatore da molti pregiudizi moderni, principalmente legati alla nozione di psicologia del personaggio. Gli studiosi rimproverano a questa commedia di Aristofane la mancanza di compattezza: Prassagora abbandona la scena poco oltre la metà della commedia, e si direbbe che il progetto comico sia come lasciato a se stesso, quasi che l’autore non lo sentisse più suo e chiamasse gli spettatori a dissociarsene. Nell’allestimento diretto da Sinigaglia, Prassagora è invece presente fino alla fine, perché l’immagine dell’eroina finisce per sovrapporsi a quella di una serie di alter ego, che ne fanno sentire la voce fino alla conclusione dello spettacolo. Ciò suggerisce la soluzione giusta per interpretare Aristofane: per altre vie, lo stesso avveniva anche nello spettacolo antico, dove non il personaggio principale ma il protagonistes, cioè il prim’attore impegnato in diversi ruoli ideologicamente affini, assicurava quella continuità che i lettori moderni faticano a percepire.


Sometimes, modern productions have much to say to scholars of Greek theatre and its visual dimension. With its explosion of meta-theatre and vitality, Serena Sinigaglia’s Donne in parlamentoeffectively keeps at bay anachronistic expectations related to the notion of character and psychological consistency. Modern scholars do not credit Aristophanes’ Assemblywomen with much force and consistency, on the ground that Praxagora all too soon exits for good and fails to defend her comic utopia, as if Aristophanes – and by implication his audience – were disapproving of it. In Sinigaglia’s production, however, Praxagora makes her presence felt all through the play, in that the heroine’s role merges with that of other characters, who never fail to promote her plan. Albeit in different form, this was arguably true for the original production as well. Rather than a main character in the modern sense, it is the protagonistes, i.e. the first actor, who provides the play with unity and continuity. He does so by interpreting a series of related roles, all designed to promote Aristophanes’ comic idea, as if the heroine, through her avatars, were always there. Modern prejudices are hard to shake off, but Sinigaglia’s production definitely gets the job done.


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