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Dieci domande a Simone Beta, a proposito della traduzione dell’Antigone di Sofocle

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Francesco Puccio


Abstract 

In the broader debate on the relevance of a classic and its usability in the contemporary world, it should be considered the complex question of the translation of an ancient theatrical text, conceived not only for a simple reading, but also for a dynamic staging and with a specific target audience as a recipient. The translation, therefore, presents itself as an obligatory passage for an adequate and correct reflection on the representability of a theatrical work. But in what perspective does the theater really fit? What are the challenges of the translator of Sophocles or Plautus? Should we think the text for the scene or for the reading? These are some of the questions with which Simone Beta, interviewed by Francesco Puccio, had to confront with his translation of Sofocle’s Antigone, created for the staging by the Federico Tiezzi and Sandro Lombardi troupe.


Nel più ampio dibattito sull’attualità di un classico e sulla sua fruibilità nel mondo contemporaneo, si pone la complessa questione della traduzione di un testo teatrale antico, concepito non solo per una semplice lettura, ma anche per una dinamica messa in scena e con uno specifico pubblico di riferimento come destinatario. La traduzione, quindi, si presenta come un passaggio obbligato per un’adeguata e corretta riflessione sulla rappresentabilità di un’opera teatrale. Ma in quale prospettiva si colloca davvero il teatro? Quali le sfide del traduttore di Sofocle o di Plauto? Occorre pensare il testo per la scena o per la lettura? Sono queste alcune questioni con le quali Simone Beta, intervistato da Francesco Puccio, si è dovuto confrontare nella sua traduzione dell’Antigone di Sofocle, realizzata per la messa in scena firmata dalla Compagnia di Federico Tiezzi e Sandro Lombardi.  


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