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Re-making Greek Tragedies: a Perspective on the American Charles Mee’s ‘Project’ with a Case Study

DEM2015189132

Rosanna Lauriola


Abstract 

In the last few decades Classical Reception has come to represent a major area of inquiry within Classical Studies. The need to make Classical Antiquity relevant and accessible to a broader audience has certainly contributed to the growth of Reception Studies, but also to the revitalization of the ancient texts themselves. Whatever new form the ancient text takes – from the traditional more-or-less-close translation to a complete rewriting – it constitutes the ‘palimpsest’ par excellence,or, to keep using Genette’s well-known terminology (G. Genette, Palimstestes: La litttérature au second degré,Paris 1982) the hypotext with which contemporary writers, either professionals or amateurs, use for a specific purpose: to convey important messages about, and raise awareness of, some crucial issues of our ‘modern’ world that connect to the ancient one. Greek tragedy is granted a special space within this trend of re-writing and re-making ancient texts. Recently, among several contemporary ‘re-makers’ of Greek Tragedy, the American historian-turned-playwright Charles Mee stands out. He has set out a long-term ‘Project’ under the name The (Re-)making Project, hoping both to raise awareness of issues afflicting our society and, in consequence, to set in motion an appropriate reaction. What is peculiar to Mee’s work is the technique and methodology he has been adopting to re-propose the ancient text. In his hands Greek tragedy is the ‘palimpsest’ over which Mee not only re-writes his version of the ancient story, but indeed builds a collage over it, cutting and pasting fragments of assorted materials (from pieces of several different Greek plays to pieces of modern texts, from TV news and internet blogs to excerpts of magazines of any kinds) while simultaneously prompting his readers and audiences to recognize and appreciate the ancient matrix. The final result is a radical metamorphosis of the ancient text whose impact and pedagogical purpose remain the same. The present paper intends to analyze one of Mee’s radical ‘re-makings’ of Greek Tragedy through a specific case study pertaining to what we may call ‘the never ending tragedy’ of the world, i.e., the tragedy of war. Our case study in fact concerns Mee’s re-making of Euripides’ Trojan Women.


Un filone di ricerca che negli ultimi decenni si è imposto, e continua ad imporsi, nell’ambito degli studi classici è certamente quello della tradizione classica, oggi più comunemente denominato alla maniera anglo-sassone ‘Classical Reception’. La necessità di rendere l’antichità rilevante per la società moderna e accessibile ad un pubblico più vasto ha contributo non solo al successo degli studi sulla ricezione dei classici ma, e forse inevitabilmente, anche alla rivitalizzazione dei testi classici medesimi. Quale che sia la forma in cui il testo è riproposto – dalla tradizionale più o meno ‘fedele’ versione alla totale riscrittura – il testo antico resta il ‘palinsesto’ o, per continuare ad usare la ben nota terminologia genettiana (G. Genette, Palimstestes: La litttérature au second degré,Paris 1982), l’‘ipostesto’ per eccellenza con cui si confrontano contemporanei scrittori, di professione o semplicemente amateurs, con l’intenzione di comunicare importanti messaggi e ‘svegliare le coscienze’ su problematiche del mondo moderno, ma che facilmente sono riconducibili al mondo antico. La tragedia greca sembra detenere una certa priorità in questo fenomeno. Tra i diversi ‘rifacitori’ di tragedia greca di recente si distingue l’americano Charles Mee, storico di formazione, convertitosi alla letteratura greca o, per meglio dire, a ‘ri-scrivere’ alcune specifiche opera greche, per lo più tragedie. Mee ha dato vito ad un ‘progetto’ a lungo termine, chiamato The (Re)making Project con la speranza di contribuire alla presa di coscienza di cui detto sopra, e, conseguentemente, attivare una reazione, un cambiamento. Ciò che rende specificamente peculiare l’opera di Mee è la tecnica e metodologia adottata nel suo riproporre il testo antico. Nelle sue mani la tragedia greca è il palinsesto su cui l’autore non si limita a riscrivere la sua propria ‘versione’ della storia; su di esso Mee, di fatto, costruisce un vero e proprio collage, incollando ritagli e frammenti di materiali diversi (da passi di differenti tragedie greche a drammi moderni, da notizie date in TV e blogs a stralci di riviste di ogni tipo) e, ciononostante, invitando il lettore e/o spettatore a riconoscere e apprezzare la matrice antica. Il risultato è spesso una trasformazione quasi radicale dell’opera greca di cui restano salvi, in ogni modo, l’impatto comunicativo e l’intenzione ‘pedagogica’. Il presente lavoro analizza in dettaglio una di queste radicali trasformazioni, prendendo in esame il rifacimento di una ‘tragedia perenne’ del genere umano, i.e., la tragedia della guerra, attraverso la ‘versione’ di Charles Mee delle Troiane di Euripide


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