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Dossier 2. Antigone. Due riscritture, dal testo alla scena

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Caterina Barone


Abstract 

Sarebbe interessante poter fare un conteggio comparativo e stabilire quale dei personaggi mitici sia il più frequentato e riscritto nella storia della letteratura e del teatro dall’antichità ad oggi. Certo in questa gara virtuale Antigone rientrerebbe nel drappello di testa di quei miti che segnano la persistenza della cultura greca nel mondo occidentale rinnovata attraverso i secoli, «the energy of reiteration», secondo la felice definizione di George Steiner, a cui dobbiamo il noto saggio che ci fa toccare con mano l’immensità dell’influsso dell’eroina sofoclea. Può, dunque, dirci qualcosa di nuovo oggi il mito di Antigone che già non ci abbia detto nel passato? La risposta positiva a questa domanda, dichiaratamente retorica, ci viene da due recenti riscritture di segno assai diverso l’una dall’altra. 


Immersa nell’attualità del dibattito etico appare l’Antigone pensata per la scena e allestita nello scorso settembre al Teatro Mercadante di Napoli con la regia di Luca De Fusco. L’autrice è Valeria Parrella, che già aveva affrontato con Il verdetto un altro gigantesco personaggio qual è Clitemestra. Il paradigmatico conflitto tra individuo e società, legge di natura e legge dello stato che innerva la tragedia sofoclea viene dalla Parrella declinato ora nel campo della bioetica e, nello specifico, sul tema dell’eutanasia. Motivo dello scontro tra Antigone e Creonte non è più la sepoltura di Polinice, ma il suo mantenimento in vita.



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